Buon Enrico

Blitum bonus-henricus (L.) Rchb., Chenopodiaceae

Otto Brunfels, Kreüterbuch, Strasburg, 1532
Una delle piante più ricercate dallo scaltro raccoglitore d’erbe è certamente il Buon Enrico. Già il nome sembra dirla lunga. La sua “bonarietà” indica già in sé quanto sia gustoso (sa di spinacio ma di sapore più intenso) e generoso, ricco com’è di ferro, sali e vitamine. Tutta buona viene anche chiamato e anche questo nome corrisponde a verità: è una pianta tutta buona da mangiare, dai giovani getti alle foglie alle inflorescenze ai semi. Per questo rimase di uso popolarissimo fino alla fine del Medioevo, quando fu soppiantata dai più banali ed acquosi spinaci di origine asiatica, domesticati e introdotti in Spagna dai sapienti agronomi arabi e da lì diffusi nel resto d’Europa come pianta coltivata.

Se ci si trova in fresche zone collinari o di montagna il buon Enrico non è difficile da scovare vicino alle abitazioni o presso ruderi e recinti per il bestiame. Lo si riconosce facilmente: ha foglie simili a quelle degli spinaci, ma più piccole, triangolari ed astate, di colore più chiaro e leggermente farinose nella pagina inferiore. I fiori rosso verdastri sono poco appariscenti, raccolti in infiorescenze che formano una spiga allungata.

Tornato a casa, lo scaltro raccoglitore d’erbe potrà sbizzarrirsi con il suo bottino, il buon Enrico è una pianta molto versatile in cucina. Le foglie vanno consumate subito perché, una volta raccolte, appassiscono rapidamente. Si mangiano come gli spinaci: stufate, bollite e condite con olio e limone oppure ripassate in padella con uno spicchio d’aglio; le più giovani e tenere si possono consumare crude in insalata. Da sole o mischiate ad altre erbe si possono utilizzare per preparare zuppe e minestroni, come ripieno per i ravioli, in torte salate e frittate. I getti e le inflorescenze possono venir cotti a vapore e serviti al burro o con una salsa a mo’ di asparagi. Infine i semi, per i più radicali amanti del cibo selvaggio, si possono macinare e mescolare ad altre farine come veniva fatto anticamente, abitudine da cui gli proverrebbe l’altro nome di “farinello” che condivide con diverse piante della stessa famiglia. Anche se io mi mantengo della mia idea: che questo nome gli derivi dal fatto che una volta tagliata la pianta produce un essudato polveroso, finemente farinoso.

Kuechenmeisterey, Augsburg, 1507
Sull’etimologia del curioso nome “buon Enrico” se ne sono dette di cotte e di crude. Un’interpretazione sembra godere di molta attrattiva, è la più frequentemente riportata ed ha qualcosa di commovente: durante una terribile carestia, intorno al 1600, il re di Francia Enrico IV avrebbe concesso alla popolazione affamata di cibarsi delle erbe del parco reale, tra le quali ci sarebbe stata abbondanza del nostro buon Enrico, che da allora sarebbe stato così chiamato in segno di gratitudine. Peccato che in alcuni preziosi erbari tedeschi pubblicati precedentemente (fra il 1532 e il 1542), la pianta venisse già chiamata con quel nome: “Guter Heinrich”, “Buon Enrico” in tedesco, per l’appunto. Jacob Grimm, uno dei due favolosi fratelli Grimm, suggerisce nella sua Deutsche Mythologie (Mitologia tedesca) che il nome ci provenga dall’epoca del paganesimo germanico, quando nelle fitte selve del centro Europa ancora vivevano gnomi e coboldi, esseri dispettosi ma benevoli, se presi per il verso giusto, i cui nomi rispondevano spesso a Heinz o Heinrich. A questi esseri demoniaci si sarebbero ascritte le proprietà medicamentose della pianta. Ci sta.

La famiglia delle Chenopodiaceae, cui appartiene il buon Enrico, fornisce molte altre piante gustose, fra le quali primeggiano verdure coltivate come lo Spinacio e la Bietola, quest’ultima rinvenibile anche allo stato selvatico. Meno conosciute sono le altre piante spontanee commestibili dello stesso genere Blitum: il Farinello fragola (Blitum capitatum (L.) Asch.) e il Farinello foglioso (Blitum virgatum L.), nonché altre piante anch’esse popolarmente chiamate Farinello ma appartenenti ad altro genere botanico: Chenopodiastrum, Chenopodium, Dysphania, Oxybasis, Lipandra.