Raperonzolo

Campanula rapunculus L., Campanulaceae
Ovvero: Raponzo, Raperonzolo, metti fuori il tuo codinzolo…

Albert Dietrich, Flora regni borussici, Berlin, 1844
«Ah, se non riesco a mangiare quei Raperonzoli, ne morirò!» L’orto a cui si affaccia appartiene ad una strega malvagia, ma la donna tanto piange e si dispera che li ottiene, rubati nottetempo da quel testa di rapa del marito. E sono buoni, ma così buoni, che il giorno dopo siamo daccapo. La seconda notte, però, la maga vigila: «OK – dice – prenditeli, ma poi mi dovrai dare il primo figlio che ti nascerà.» Sarà una bambina: Rapunzel la chiameranno – Raperonzolo in tedesco. La strega la porta via con sé (i patti sono patti!) e la chiude in una torre. E ogni giorno andrà a trovarla e reciterà: «Raponzo, Raperonzolo, metti fuori il tuo codinzolo». E ogni giorno Rapunzel calerà la lunga treccia di capelli d’oro che la maga userà come fune per issarsi fin lassù. Un principe, di lì passando e veduta la cosa, farà l’uguale un giorno e quello dopo ancora e così via. La storia a questo punto si fa dolorosa ed è un po’ lunga a raccontarsi ma tutto alla fine andrà bene: alla fine, infatti, vissero tutti felici e contenti. Tranne la strega, ma questo va da sé. Questa è la Rapunzel dei fratelli Grimm. Disney ne ha tratto un film mediocre dove la buonissima dolce radice dal sapor di noce è sostituita con un fiore magico che dona una giovinezza effimera a chi lo possiede (o tempora o mores: una metafora del botulino?). Chi più sa mai cosa sono i raperonzoli? Ce ne siamo dimenticati. Forse li abbiamo visti in campagna durante una delle nostre passeggiate senza riconoscerli. Ignorando che sono commestibili e che – domesticati nel Medioevo – sono stati coltivati fino a non molto tempo fa.

«Nasce nelle campagne incolte, nelle siepi, nelli prati. Si semina anco ne gli Horti, perché faccino le radici più grosse […] serve per mangiar nelle insalate crudo e cotto: ma per la maggior parte crudo, perché si mangia la radice insieme con le frondi che cotte sarebbono ingrate. Se pur non havesse egli da servire per medicamento, mangiandosi dalle donne cotto con un poco di pepe lungo […] Io credo l’Insalata di Raponzolo esser grata non tanto per il sapore di esso quanto per la bianchezza e tenerezza della radice, la quale facilmente s’infrange tra’ denti e con un certo piacevole stridore che fa masticandosi, genera gusto a chi lo mangia […] E per conchiuderla, l’insalata del Raponzolo è più presto in uso per una certa consuetudine che per manifesta utilità e gusto; e il suo condimento è semplice aceto, sale e olio; se bene alcuni vi aggiungono il mosto cotto, che dà a lui qualche grazia.» Siamo nel 1627, in tempi in cui era un alimento facile a reperirsi, il testo è L’Archidipno, overo dell’insalata di Salvatore Massonio. Il mosto cotto è la sapa, condimento allora molto in voga anche sulle insalate, come d’altronde lo zucchero e il miele.

Vilmorin-Andrieux, Les plantes potagères, Paris, 1904
Ancora nell’Ottocento, più o meno al tempo dei fratelli Grimm, il gastronomo francese Grimod de la Reyniere propone frequentemente i raperonzoli nei suoi menu: «Le insalate si compongono di ortaggi cui si aggiungono erbe aromatiche e che si condiscono con sale, pepe bianco, olio, aceto e talvolta mostarda e soya [ebbene sì, la salsa di soya si usava già nel 1853]. Variano a seconda della stagione. Le insalate più comuni in inverno si compongono quasi sempre di valerianella, raponzoli e sedano tagliati a bastoncini.» Ci propone poi ancora una Salade aux betteraves et aux raiponces (Insalata di barbabietole e raponzoli), altra combinazione, questa, piuttosto gettonata nella cucina francese del tempo, come hors-d’oeuvre freddo fra un “Ossobuco di manzo in gelatina” e un piatto di “Salsicce di Bologna”. E non lo considerava cibo rustico. Tutt’altro. Nei primi del Novecento i ricconi gentili ospiti del Ritz di Montecarlo potevano gustare una Salade à la Windsor di Auguste Escoffier preparata così: «Prendete parti uguali di sedano, tartufi crudi, petto di pollo, lingua salmistrata, funghi tagliati alla julienne e sottaceti, il tutto legato con una maionese rilevata alla salsa Worcestershire. Fatene un cupola completata da una corona di raperonzoli.»

Nel catalogo del commerciante di semenze Vilmorin-Andrieux rimarrà fino alla seconda guerra mondiale. Poi vennero i supermercati.


Maramao perché sei morto?
pan e vin non ti mancavan
il roponzol era nell’orto
e una casa avevi tu